Giovanni Falcone nell’immaginario comune è ricordato come uno dei magistrati che coraggiosamente hanno combattuto Cosa Nostra e la mafia italiana in generale.
Falcone è nato a Palermo il 18 maggio 1939. Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenzae si laurea nel 1961. Diventa presto sostituto procuratore a Trapani, dove resta dodici anni. Negli anni 80 entra a far parte del “pool antimafia”, sul modello delle èquipes attive nel decennio precedente di fronte al fenomeno del terrorismo politico. Facevano parte dello stesso gruppo anche i giudici Di Lello, Guarnotta e Paolo Borsellino. Nel 1987 arriva il maxi-processo di Cosa Nostra: 475 imputati furono rinviati a giudizio.
I tentativi di combattere la mafia vengono, tuttavia, contrastati da una fitta rete di coercizioni e di minacce. Il 30 luglio Giovanni Falcone richiede di essere destinato a un altro ufficio. Il 20 giugno 1989 si verifica il fallito attentato dell’Addaura a proposito del quale Falcone disse: “Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi”.
Ultimi anni:
Nel 1990 alle elezioni dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura. Falcone viene candidato nelle liste “Movimento per la giustizia” e “Proposta 88”, ma non verrà eletto. Nel 1991 partecipò all’istituzione della Direzione nazionale antimafia, che aveva il compito di coordinare, in ambito nazionale, le indagini relative alla criminalità mafiosa. Il 23 maggio 1992 alle 17 e 56, all’altezza di Capaci (paesino siciliano), cinquecento chili di tritolo lo facevano saltare in aria sull’auto su cui viaggia con la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.
