La Rivoluzione culturale cinese fu il tentativo, pienamente riuscito, per riprendere il comando effettivo del Partito e dello Stato. Esattamente 50 anni fa, Mao Zedong dava l’ultima zampata di una vita da rivoluzionario.
L’obiettivo è colpire il gruppo di esperti che ha assunto la guida del paese dopo il disastro economico del Grande Balzo in Avanti. Secondo la sua visione, ha abbandonato la strada della rivoluzione.
La scintilla però incendia l’intera Cina, che arriva a un passo dalla guerra civile. Con le scuole chiuse e le fabbriche in sciopero, orde di guardie rosse, invitate da Mao a “bombardare il quartier generale”, danno la caccia a insegnanti, intellettuali, quadri di partito. Chiunque sia sospettato di atteggiamento borghese e “controrivoluzionario”, distruggendo qualunque simbolo del passato, con una furia iconoclasta senza precedenti.
Mao è costretto a chiamare l’esercito per riportare l’ordine e a disperdere le guardie rosse, che verranno spedite in campagna a rieducarsi coi contadini più poveri. La rivoluzione vera e propria è finita, ma il potere è ormai nelle mani della sinistra estrema. Lo manterrà fino alla morte del vecchio leader carismatico, nel 1976.
