Le opere di Gabriele D’Annunzio si dividono in:
Le opere in prosa e il teatro
D’Annunzio scrisse sette romanzi, a partire dal Piacere (1889). Il loro filo conduttore è l’individualismo e, quasi sempre, il superomismo dei diversi protagonisti. Sono opere distanti della narrativa oggettiva e impersonale del Verismo, caratterizzate da simbolismi, musicalità, elementi ideologici e saggistici. Nell’ultima fase, segnata da Notturno (1916), viene meno la centralità del superuomo, per la sottolineatura della debolezza dell’io scrittore; la scrittura si fa quindi più essenziale e autobiografica. Inoltre, dopo il viaggio in Grecia del 1895, D’Annunzio compose una decina di drammi per il teatro, a partire da “La città morta” (1896), contrassegnati da una forte letterarietà e, quindi da una scarsa teatralità.
Le opere in versi
D’Annunzio esordì nel 1879 con una raccolta di versi, primo vere, in cui ha già forte rilievo l’elemento vitalistico e sensuale. Questi motivi si sviluppano nella seconda raccolta, Canto novo, e nelle successive (Intermezzo di rime e poi Isottèo-La Chimera). Di tono diverso è il Poema paradisiaco, in cui compare il tema intimistico del ritorno alle origini, nel tentativo di rigenerarsi. Ma il Decadentismo e l’estetismo trionfano nei successivi libri delle Laudi (i primi uscirono nel 1903), tra cui figura il capolavoro di D’Annunzio, ovvero Alcyone, intriso di musicalità e interessante anche per i suoi esperimenti formali sul verso libero e la strofa lunga.
